Dal Ministero degli Esteri non si segnalano particolari criticità per gli italiani lasciati a terra dal gigante britannico dell’industria turistica, in ogni caso c’è un fondo di garanzia che interverrà.
Ecco come funziona:
I viaggiatori colpiti dal fallimento del tour operator britannico Thomas Cook non si contano in decine, ma in centinaia di migliaia. Tutte persone che erano andate in vacanza grazie a un pacchetto acquistato dalla storica azienda che, lunedì 23 settembre, ha alzato bandiera bianca dopo 178 anni, sommersa dai debiti (a maggio ammontavano a 1,2 miliardi di sterline). I vacanzieri traditi temono di dover pagare il conto dell’hotel e soprattutto di dover comprare un nuovo biglietto di ritorno, nonostante avessero già versato tutto nelle casse esangui di Thomas Cook.
Istruzioni per i viaggiatori colpiti. La prima cosa che devono fare i clienti italiani è verificare che sulla prenotazione ci sia un certificato con scritto “Atol”. È l’acronimo di Air Travel Organizer’s License. Un fondo che tutela i clienti dal fallimento di un tour operator britannico a patto che abbiano prenotato con la “casa madre” basata nel Regno Unito e non con una delle sue tante filiali sparse in Europa. Atol garantisce il ritorno a casa senza spese e, nel caso in cui il viaggio non fosse ancora iniziato, il rimborso della cifra spesa. L’Atol è gestito dall’ente nazionale dell’aviazione civile britannica (CAA) ed è sovvenzionato dagli stessi viaggiatori con una piccola sovrattassa da 2,50 pound su ogni prenotazione. I clienti britannici di Thomas Cook hanno quindi diritto ai benefici previsti da Atol, per gli altri invece è tutto da vedere.
“La normativa inglese è molto più protettiva rispetto a quella europea approvata nel 2015 perché prevede l’intervento dello Stato, mentre nel resto del Continente, Italia compresa, tutto è affidato alla buona volontà dei singoli operatori a stipulare assicurazioni ad hoc, cosa che non tutti fanno” spiega Domenico Romito di Avvocati dei Consumatori. Nonostante faccia parte (ancora per poco) dell’Ue, il Regno Unito continua a mantenere la sua norma proprio perché prevede una tutela maggiore. I viaggiatori italiani scoperti dalla garanzia dovranno quindi verificare se l’agenzia collegata a Thomas Cook aveva stipulato un’assicurazione.
Attenzione, però: la CAA specifica che i voli gratuiti di rimpatrio termineranno il 6 ottobre e che “dopo questa data, il ritorno sarà a carico del viaggiatore”. I rimpatri a spese della CAA avverranno solo per i voli partiti da aeroporti britannici, ma del resto la compagnia aerea Thomas Cook aveva basi aeree solo sull’isola. Ci sono poi diversi viaggiatori che, pur avendo prenotato un pacchetto con il tour operator fallito, hanno acquistato un volo con una compagnia aerea differente. In quel caso non ci saranno problemi a tornare a casa. E per chi si ritrova il conto dell’albergo da pagare, CAA interverrà con una garanzia e si raccomanda di “non pagare a meno di indicazioni differenti dallo staff” dell’ente inglese di aviazione civile, che fornisce assistenza e informazioni sul sito. “La normativa inglese è molto più protettiva rispetto a quella europea approvata nel 2015 perché prevede l’intervento dello Stato, mentre nel resto del Continente, Italia compresa, tutto è affidato alla buona volontà dei singoli operatori a stipulare assicurazioni ad hoc, cosa che non tutti fanno” spiega Domenico Romito di Avvocati dei Consumatori. Nonostante faccia parte (ancora per poco) dell’Ue, il Regno Unito continua a mantenere la sua norma proprio perché prevede una tutela maggiore.
Un’operazione mastodontica. Circa 150.000 viaggiatori rimasti all’estero con il cerino in mano sono del Regno Unito ma si stima che altri 140.000 siano tedeschi. Il totale dovrebbe aggirarsi intorno ai 600.000 turisti. Non è ancora chiaro quanti siano gli italiani, anche se fonti del ministero degli Esteri interpellate da Repubblica fanno sapere che l’unità di crisi non ha rilevato particolari criticità. Anche il ministero dei Beni Culturali assicura che sta seguendo “insieme al ministero degli Esteri le ripercussioni del fallimento Thomas Cook per verificare se ci sono nostri connazionali bloccati all’estero e nel caso dare loro assistenza”.
Il botto è di quelli storici, senza precedenti nell’industria turistica. Di fronte al crac di Thomas Cook impallidisce anche quello di Monarch : all’epoca sembrava un’impresa dover rimpatriare 85.000 persone, ma oggi i turisti senza un biglietto di ritorno sono oltre sei volte di più. E a peggiorare la situazione c’è il guaio dei Boeing 737 Max, che le compagnie aeree hanno lasciato a terra dopo gli incidenti degli ultimi mesi. Questo significa che gli aerei a disposizione sono meno rispetto a due anni fa.
I viaggiatori da riportare a casa sono talmente tanti che i disagi saranno inevitabili. Per l’aviazione civile inglese è una delle sfide più difficili da quando è stata istituita, 47 anni fa. Si tratta di coordinare decine di compagnie aeree per oltre 1000 voli che dovranno partire da 55 aeroporti sparsi in tutto il mondo. Uno sforzo che il Financial Times quantifica in cento milioni di sterline.
Articolo a cura di Federico Formica
LaRepubblica, 25 Settembre 2019