Occupandosi degli oneri di prova incombenti su chi lamenta l’errore medico, la Corte di Cassazione, Sezione III civ., con Ordinanza 12 ottobre 2018, n.25371, pres. Travaglino, rel. Guizzi, ha ribadito i principi secondo cui, nel “giudizio di risarcimento del danno conseguente ad attivita’ medico chirurgica”, l’attore danneggiato ha comunque “l’onere di provare l’esistenza del contratto (o il contatto sociale)” con la struttura, “l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia” (ex multis, Cass. Sez. 3, sent. 30 settembre 2014, n. 20547), con la precisazione che grava “sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalita’ tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari”, sicche’ solo “ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilita’ della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento e’ stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza” (Cass. Sez. 3, sent. 26 luglio 2017, n. 18392; nello stesso senso anche Cass. Sez. 3, sent. 4 novembre 2017, n. 26824, non massimata; Cass. Sez. 3, sent. 7 dicembre 2017, n. 29315).
LA CONSULENZA “PERCIPIENTE” E I SUOI LIMITI
Dopo aver premesso che, in materia di responsabilita’ sanitaria, “la consulenza tecnica e’ di norma “consulenza percipiente” a causa delle conoscenze tecniche specialistiche necessarie, non solo per la comprensione dei fatti, ma per la rilevabilita’ stessa dei fatti, i quali, anche solo per essere individuati, necessitano di specifiche cognizioni e/o strumentazioni tecniche; atteso che, proprio gli accertamenti in sede di consulenza offrono al giudice il quadro dei fattori causali entro il quale far operare la regola probatoria della certezza probabilistica per la ricostruzione del nesso causale”” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 20 ottobre 2014, n. 22225), la Corte di Cassazione, Sezione III civ., con Ordinanza 12 ottobre 2018, n.25371, pres. Travaglino, rel. Guizzi, ha tuttavia precisato che “in tema di risarcimento del danno, e’ possibile assegnare alla consulenza tecnica d’ufficio ed alle correlate indagini peritali funzione “percipiente””, ..a condizione che “essa verta su elementi gia’ allegati dalla parte, ma che soltanto un tecnico sia in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone” (Cass. Sez. 2, sent. 22 gennaio 2015, n. 1190), giacche’, anche quando la consulenza “puo’ costituire essa stessa fonte oggettiva di prova”, resta pur sempre “necessario che le parti stesse deducano quantomeno i fatti e gli elementi specifici posti a fondamento di tali diritti” (Cass. Sez. 3, sent. 26 novembre 2007, n. 24620).